Zenobia, Parigi, Quillau, 1755

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
  Fondo sassoso di cupa e oscura valle, orrida per le scoscese rupi che la circondano e per le foltissime piante che le sovrastano.
 
 RADAMISTO dormendo sopra un sasso e ZOPIRO che attentamente l’osserva
 
 ZOPIRO
 No, non m'inganno; è Radamisto. Oh come
 secondano le stelle
 le mie ricerche! Io ne vo in traccia; e 'l caso
 solo, immerso nel sonno, in parte ignota
5l'espone a' colpi miei. Non si trascuri
 della sorte il favor. Mora. L'impone
 l'istesso padre suo. Rival nel trono
 ei l'odia, io nell'amor. Servo in un punto
 al mio sdegno e al mio re. (In atto di snudar la spada)
 RADAMISTO
                                                  Lasciami in pace. (Sognando)
 ZOPIRO
10Si desta. Ah sorte ingrata!
 Fingiam.
 RADAMISTO
                    Lasciami in pace, ombra onorata. (Si desta)
 ZOPIRO
 Numi! (Fingendo non averlo veduto)
 RADAMISTO
                 Stelle, che miro!
 ZOPIRO
 Radamisto!
 RADAMISTO
                         Zopiro? (Si leva)
 ZOPIRO
                                          Oh prence invitto,
 gloria del suol natio,
15cura de' numi, amor dell'Asia e mio!
 Ed è pur ver ch'io ti rivegga? Ah lascia
 che mille volte io baci
 quella destra real.
 RADAMISTO
                                    Qual tua sventura
 fra questi orridi sassi
20quasi incogniti al sol guida i tuoi passi?
 ZOPIRO
 Dell'empio Farasmane
 fuggo il furor.
 RADAMISTO
                            Non l'oltraggiar. Rammenta
 ch'è tuo re, ch'è mio padre. E di qual fallo
 ti vuol punir?
 ZOPIRO
                            D'esserti amico.
 RADAMISTO
                                                            È giusto.
25Tutti abborrir mi denno. Io, lo confesso,
 son l'orror de' viventi e di me stesso.
 ZOPIRO
 Sventurato e non reo, signor, tu sei;
 mi son noti i tuoi casi.
 RADAMISTO
                                           Oh quanto ignori
 della storia funesta!
 ZOPIRO
                                       Io so che tutta
30sollevata è l'Armenia e che ti crede
 uccisor del suo re. Ma so che venne
 il colpo fraudolento
 dal padre tuo, ch'ei rovesciò l'accusa
 sopra di te, che di Zenobia...
 RADAMISTO
                                                      Ah taci.
 ZOPIRO
35Perché?
 RADAMISTO
                  Con questo nome
 l'anima mi trafiggi.
 ZOPIRO
                                       Era altre volte
 pur la delizia tua; so che in isposa
 la bramasti...
 RADAMISTO
                           E l'ottenni. Ah fui di tanto
 tesoro possessor! Ma... Oh dio!
 ZOPIRO
                                                          Tu piangi!
40La perdesti? Dov'è? Parla; qual fato
 sì bei nodi ha divisi.
 RADAMISTO
 Ah Zopiro, ella è morta ed io l'uccisi.
 ZOPIRO
 Giusti numi! E perché?
 RADAMISTO
                                              Perché giammai
 mostro il suol non produsse
45più barbaro di me. Perché non seppi
 del geloso furor gl'impeti insani
 mai raffrenar.
 ZOPIRO
                             Nulla io comprendo.
 RADAMISTO
                                                                    Ascolta.
 Da' sollevati armeni
 creduto traditor, sai già che astretto
50fui poc'anzi a fuggir. Lungo l'Arasse
 presi il camin. La mia Zenobia, oh troppo
 virtuosa consorte! ad ogni costo
 volle meco venir; ma poi del lungo
 precipitoso corso
55al disagio non resse. A poco a poco
 perdea vigor. Stanca, anelante, oppressa
 già tardi mi seguia; già de' feroci
 persecutori il calpestio frequente
 mi cresceva alle spalle. «Io manco, o sposo»
60mi dice alfin «salva te sol; ma prima
 aprimi il seno e non lasciarmi esposta
 all'ire altrui». Figurati il mio stato;
 confuso, disperato
 lagrimava e fremea, quando... ah Zopiro,
65ecco il punto fatal! quando mi vidi
 del parto Tiridate
 a fronte comparir le note insegne.
 Le vidi, le conobbi e in un istante
 non fui più mio. Mi rammentai gli amori
70di Zenobia e di lui; pensai che allora
 l'avrei difesa invan; lei mi dipinsi
 fra le braccia al rival; tremai, m'intesi
 gelar le vene ed avvampar; perdei
 ogn'uso di ragion; non fui capace
75più di formar parole;
 fosca l'aria mi parve e doppio il sole.
 ZOPIRO
 E che facesti?
 RADAMISTO
                            Impetuoso, insano
 strinsi l'acciar. Della consorte in petto
 l'immersi, indi nel mio. Di vita priva
80nell'Arasse ella cadde, io su la riva.
 ZOPIRO
 Principessa infelice!
 RADAMISTO
                                        Io per mia pena
 al colpo sopravvissi. a' miei nemici
 mi celò la caduta. Al nuovo giorno
 pietosa man mi sollevò, mi trasse...
85Ma tu non m'odi e torbido nel volto
 pensi fra te! So che vuoi dir. Stupisci
 che mi sostenga il suol, che queste rupi
 non mi piombin sul capo. Ah son punito;
 è giusto il ciel. M'han consegnato i numi
90per castigo a me stesso al mio crudele
 tardo rimorso.
 ZOPIRO
                              (A trucidar quest'empio
 non basto sol).
 RADAMISTO
                              So che aprir deggio il varco
 a quest'anima rea; ma pria vorrei
 trovar l'amata spoglia,
95darle tomba e morir. L'ombra insepolta
 erra per queste selve. Io me la veggo
 sempre sugli occhi, io non ho pace. Andiamo;
 andiamo a ricercar... (Incaminandosi)
 ZOPIRO
                                          Ferma; che dici? (Arrestandolo)
 Circondano i nemici
100ogni contorno e il tentaresti invano.
 In questa valle ascoso
 resta e m'attendi; alla pietosa inchiesta
 io volerò.
 RADAMISTO
                    Sì, caro amico, e poi...
 ZOPIRO
 Non più, fidati a me. Da questo loco
105non dilungarti; io tornerò. Frattanto
 modera il tuo dolor, pensa a te stesso,
 quel volto oblia, non rammentar quel nome.
 RADAMISTO
 Oh dio, Zopiro, il vorrei far, ma come?
 
    Oh almen, qualor si perde
110parte del cor sì cara,
 la rimembranza amara
 se ne perdesse ancor!
 
    Ma quando è vano il pianto,
 l'alma a prezzarla impara;
115ogni negletto vanto
 se ne conosce allor. (Parte)
 
 SCENA II
 
 ZOPIRO solo
 
 ZOPIRO
 Oh Zenobia! Oh infelici
 mie perdute speranze! Avrai, tiranno,
 avrai la tua mercé. Co' miei seguaci
120quindi non lungi ascosi, a trucidarti
 di volo io tornerò. Quel core almeno,
 quell'empio cor ti svellerò dal seno.
 
    Cada l'indegno e miri
 fra gli ultimi respiri
125la man che lo svenò.
 
    Mora; né poi mi duole
 che a me tramonti il sole,
 se il giorno a lui mancò. (Parte)
 
 SCENA III
 
  Vastissima campagna, irrigata dal fiume Arasse, sparsa da un lato di capanne pastorali e terminata dall’altro dalle falde d’amenissime montagne. A piè della più vicina di queste comparisce l’ingresso di rustica grotta tutto d’edera e di spini ingombrato. Vedesi in lontano di là dal fiume la real città di Artassata con magnifico ponte, che vi conduce, e su le rive opposte l’esercito parto attendato.
 
 ZENOBIA ed EGLE da una capanna
 
 ZENOBIA
 Non tentar di seguirmi;
130soffrir nol deggio, Egle amorosa. Io vado
 fuggitiva, raminga; e chi sa dove
 può guidarmi il destin? Se de' miei rischi
 te conducessi a parte, al tuo bel core
 troppo ingrata sarei. Facesti assai,
135basta così. Due volte
 vivo per te. La tua pietà mi trasse
 fuor del rapido Arasse; il sen trafitto
 per tua cura sanò; dolce ricetto
 mi fu la tua capanna; e tu mi fosti
140consolatrice, amica,
 consigliera e compagna. Io nel lasciarti
 perdo assai più di te. Non lo vorrei;
 ma non basta il voler. Presso al cadente
 padre te arresta il tuo dovere e in traccia
145me del perduto sposo affretta il mio;
 facciamo entrambe il dover nostro; addio.
 EGLE
 Ma sola e senza guida
 per queste selve... Il tuo coraggio ammiro.
 ZENOBIA
 Non è nuovo per me. Fanciulla appresi
150le sventure a soffrir. Tre lustri or sono
 che l'Armenia ribelle un'altra volta
 a fuggir ne costrinse. E allor perdei
 la minor mia germana. Oh lei felice
 che morì nel tumulto o fu rapita!
155Io per sempre penar rimasi in vita.
 EGLE
 E vuoi con tanto rischio andare in traccia
 d'un barbaro consorte?
 ZENOBIA
                                             Ah più rispetto
 per un eroe ripieno
 d'ogni real virtù.
 EGLE
                                  Virtù reale
160è il geloso furor?
 ZENOBIA
                                 Chi può vantarsi
 senza difetti? Esaminando i sui
 ciascuno impari a perdonar gli altrui.
 EGLE
 Ma una sposa svenar...
 ZENOBIA
                                            Reo non si chiama
 chi pecca involontario. In quello stato
165Radamisto non era
 più Radamisto. Io giurerei che allora
 strinse l'armi omicide,
 m'assalì, mi trafisse e non mi vide.
 EGLE
 Oh generosa! E ben, di lui novella
170io cercherò; tu puoi restar.
 ZENOBIA
                                                   No, cara
 Egle, non deggio. A troppo rischio espongo
 la gloria mia, la mia virtù.
 EGLE
                                                  Che dici?
 ZENOBIA
 Io lo so, non m'intendi. Or odi e dimmi
 se temo a torto. Il giovanetto duce
175dell'attendate schiere,
 che da lungi rimiri, è Tiridate,
 germano al parto re. Prence finora
 più amabile, più degno
 non formarono i numi
180d'anima, di sembiante e di costumi.
 Mi amò, l'amai. Senza rossor confesso
 un affetto già vinto. Alle mie nozze
 aspirò, le richiese; il padre mio
 lieto ne fu. Ma perché seco a gara
185le chiedea Radamisto, al mio fedele
 impose il genitor ch'armi e guerrieri
 pria dal real germano
 ad implorar volasse, e reso forte
 contro il rivale, all'imeneo bramato
190tornasse poi. Partì; restai. Qual fosse
 il nostro addio di rammentarmi io tremo;
 prevedeva il mio cor ch'era l'estremo.
 Mentre io senza riposo
 affrettava co' voti il suo ritorno,
195sento dal padre un giorno
 dirmi che a Radamisto
 sposa mi vuol, che a variar consiglio
 lo sforza alta cagion, che s'io ricuso,
 la pace, il trono espongo,
200la gloria, i giorni suoi. Suddita e figlia
 dimmi, che far dovea? Piansi, m'afflissi,
 bramai morir; ma l'ubbidii. Né solo
 la mia destra ubbidì; gli affetti ancora
 a seguirla costrinsi. Armai d'onore
205la mia virtù; sacrificai costante
 di consorte al dover quello d'amante.
 EGLE
 Né mai più Tiridate
 rivedesti finora?
 ZENOBIA
 Ah nol permetta il ciel. Questo è il timore
210che affretta il partir mio. Non ch'io diffidi,
 Egle, di me. Con la ragion quest'alma
 tutti, io lo sento, i moti suoi misura.
 La vittoria è sicura;
 ma il contrasto è crudel. Né men del vero
215l'apparenza d'un fallo
 evitar noi dobbiam; la gloria nostra
 è geloso cristallo e debil canna
 ch'ogni aura inchina, ogni respiro appanna.
 EGLE
 Misero prence! E alla novella amara
220che detto avrà?
 ZENOBIA
                               L'ignora ancor. Mi strinse
 segreto laccio a Radamisto. Ei torna
 agl'imenei promessi.
 EGLE
                                         Oh numi! E trova
 sollevata l'Armenia,
 vedovo il trono, ucciso il re, scomposti
225tutti i disegni sui,
 e Zenobia...
 ZENOBIA
                         E Zenobia in braccio altrui.
 EGLE
 Che barbaro destino!
 ZENOBIA
                                          Or di', poss'io
 espormi a rimirar l'acerbo affanno
 d'un prence sì fedel? Che tanto amai?
230Che tanto meritò? Che forse al solo
 udir che d'altri io sono... Addio.
 EGLE
                                                            Mi lasci?
 ZENOBIA
 Sì, cara, io fuggo. È periglioso il loco,
 le memorie, i pensieri.
 EGLE
                                             A chi fa oltraggio
 l'innocente pietà...
 ZENOBIA
                                     Temer conviene
235l'insidie ancor d'una pietà fallace.
 Addio; prendi un amplesso e resta in pace.
 
    Resta in pace e gli astri amici,
 bella ninfa, a' giorni tuoi
 mai non splendano infelici
240come splendono per me.
 
    Grata ai numi esser tu puoi,
 che nascesti in umil cuna.
 Oh di stato e di fortuna
 potess'io cangiar con te! (Parte)
 
 SCENA IV
 
 EGLE sola
 
 EGLE
245Misera principessa,
 quanta pietà mi fai! Semplice, oscura,
 povera pastorella
 per te oggetto è d'invidia! E a che servite,
 o doni di fortuna? A che per voi
250tanto sudar? Se quando poi sdegnato
 il ciel con noi si vede,
 difendete sì mal chi vi possiede?
 
    Di ricche gemme e rare
 l'indico mare abbonda;
255né più tranquilla ha l'onda,
 né il cielo ha più seren.
 
    Se v'è del flutto infido
 lido che men paventi,
 è qualche ignoto a' venti
260povero angusto sen. (Parte)
 
 SCENA V
 
 ZENOBIA sola cercando per la scena
 
 ZENOBIA
 Radamisto? Ove andò! Consorte? Il vidi,
 tornai su l'orme sue ma per la selva
 n'ho perduta la traccia. A questa parte
 eran volti i suoi passi. Ah dove mai
265sconsigliato s'aggira. Il loco è pieno
 tutto de' suoi nemici. In tanto rischio
 custoditelo, o dei. Che fo? M'inoltro?
 Avventuro me stessa. Egle si trovi,
 ella per me ne cerchi. Astri crudeli,
270bastan le mie ruine;
 cominciate a placarvi, è tempo alfine.
 
    Lasciami, o ciel pietoso,
 se non ti vuoi placar,
 lasciami respirar
275qualche momento.
 
    Rendasi col riposo
 almeno il mio pensier
 abile a sostener
 nuovo tormento. (Parte e finito il ritornello dell’aria torna agitata)
 
280Misera me! Da questa parte oh dio!
 vien Tiridate. Oh come io tremo! Oh come
 l'alma ho in tumulto! Il periglioso incontro
 fuggi, fuggi, Zenobia. Il cupo seno
 di que' concavi sassi
285al suo sguardo m'asconda, infin che passi. (Si cela nella grotta)
 
 SCENA VI
 
 TIRIDATE, poi MITRANE e detta in disparte
 
 TIRIDATE
 Né ritorna Mitrane! Ah mi spaventa
 la sua tardanza. Eccolo. Aimè! Che mesto,
 che torbido sembiante! Amico, ah vola,
 m'uccidi o mi consola. Il mio tesoro
290dov'è? Ne rintracciasti
 qualche novella?
 MITRANE
                                 Ah Tiridate!
 TIRIDATE
                                                          Oh dio!
 Che silenzio crudel! Parla. È un arcano
 la sorte di Zenobia? Ognuno ignora
 che fu di lei, dove il destin la porta?
 MITRANE
295Ah purtroppo si sa.
 TIRIDATE
                                      Che avvenne?
 MITRANE
                                                                  È morta.
 TIRIDATE
 Santi numi del ciel!
 MITRANE
                                       Quell'empio istesso,
 che il genitor trafisse,
 la figlia anche svenò.
 TIRIDATE
                                         Chi?
 MITRANE
                                                     Radamisto
 fu l'inumano.
 TIRIDATE
                            Ah scellerato! E tanto...
300No, possibil non è. Qual cor non placa
 tanta bellezza! Ei ne languia d'amore;
 non crederlo, Mitrane.
 MITRANE
                                            Il ciel volesse
 che fosse dubbio il caso. Ei dell'Arasse
 sul margo la ferì; dall'altra sponda
305un pescator nell'onda
 cader la vide. A darle aita, a nuoto
 corse ma invano; era sommersa. Ei solo
 l'ondeggiante raccolse
 sopravvesta sanguigna. I detti suoi
310esser non ponno infidi;
 la spoglia è di Zenobia ed io la vidi.
 TIRIDATE
 Soccorrimi.
 ZENOBIA
                         (Oh cimento!)
 TIRIDATE
                                                      Agli occhi miei (Si appoggia ad un tronco)
 manca il lume del dì.
 ZENOBIA
                                         (Consiglio, o dei).
 MITRANE
 Principe, ardir. Con questi colpi i numi
315fan prova degli eroi.
 TIRIDATE
                                        Lasciami.
 MITRANE
                                                            In questo
 stato degg'io lasciarti!
 Di me, signor, che si direbbe?
 TIRIDATE
                                                         Ah parti.
 MITRANE
 
    Ch'io parta? M'accheto,
 rispetto il comando;
320ma parto tremando,
 mio prence, da te.
 
    Minaccia periglio
 l'affanno segreto,
 qualor di consiglio
325capace non è. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 TIRIDATE e ZENOBIA in disparte
 
 TIRIDATE
 Dunque è morta Zenobia? E tu respiri,
 sventurato cor mio? Per chi? Che speri,
 che ti resta a bramar? Gli agi, i tesori,
 la grandezza real, l'onor, la vita
330m'eran cari per lei. Mancò l'oggetto
 d'ogni opra mia, d'ogni mia cura. Il mondo
 è perduto per me. No, stelle ingrate (Si leva)
 dal mio ben non sperate
 dividermi per sempre. Ad onta vostra
335ne' regni dell'oblio
 m'unirà questo ferro all'idol mio. (Snuda la spada)
 ZENOBIA
 (Aimè!) (Esce)
 TIRIDATE
                    L'onda fatale
 deh non varcar, dolce mia fiamma; aspetta
 che Tiridate arrivi;
340ecco... (Vuol ferirsi)
 ZENOBIA
                Fermati. (Trattenendolo)
 TIRIDATE
                                   Oh dei! (Rivolgendosi)
 ZENOBIA
                                                    Fermati; e vivi. (Gli toglie la spada)
 TIRIDATE
 Zenobia, anima bella! (Vuol seguirla)
 ZENOBIA
 Guardati di seguirmi, io non son quella. (In atto di partire)
 TIRIDATE
 Come! E vuoi... (In atto di seguirla)
 ZENOBIA
                                Non seguirmi,
 principe, te ne priego; e non potrebbe
345chi la vita ti diè chiederti meno.
 TIRIDATE
 Ma possibil non è... (Seguendola)
 ZENOBIA
                                       Resta; o mi sveno. (Risoluta in atto di ferirsi)
 TIRIDATE
 Eterni dei! Deh... (Arrestandosi)
 ZENOBIA
                                    Se t'inoltri un passo,
 su questo ferro io m'abbandono. (In atto di ferirsi)
 TIRIDATE
                                                              Ah ferma.
 M'allontano, ubbidisco. Odi; ove vai?
 ZENOBIA
350Dove il destin mi porta. (Partendo)
 TIRIDATE
 Ah Zenobia crudel!
 ZENOBIA
                                      Zenobia è morta. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 TIRIDATE e poi MITRANE
 
 TIRIDATE
 Principessa, idol mio, sentimi... Oh stelle,
 che far degg'io? Né seguitarla ardisco
 né trattener mi so. Questo è un tormento,
355questo...
 MITRANE
                   Signor, gli ambasciadori armeni
 giunsero d'Artassata.
 TIRIDATE
                                         Ah mio fedele,
 corri, vola, t'affretta, (Con affanno)
 sieguila tu per me.
 MITRANE
                                     Chi?
 TIRIDATE
                                                 Vive ancora,
 ancor del chiaro dì l'aure respira.
 MITRANE
360Ma chi, prence?
 TIRIDATE
                                Zenobia.
 MITRANE
                                                   (Aimè! Delira).
 TIRIDATE
 Oh dio! Perché t'arresti? Ecco il sentiero,
 quelle son l'orme sue.
 MITRANE
                                          Ma...
 TIRIDATE
                                                      S'allontana (Con impazienza)
 mentre domandi e pensi.
 MITRANE
 Vado. (Oh come il dolor confonde i sensi!) (Parte)
 
 SCENA IX
 
 TIRIDATE solo
 
 TIRIDATE
365Non so più dov'io sia. Sì strano è il caso
 che parmi di sognar. Come s'accorda
 la tenerezza antica
 con quel rigor? M'odia Zenobia o m'ama?
 Se m'odia, a che mi salva?
370Se m'ama, a che mi fugge? Io d'ingannarmi
 quasi dubiterei; ma quel sembiante
 tanto impresso ho nell'alma... E non potrebbe
 esservi un'altra ninfa
 simile a lei? Di sì bell'opra forse
375s'invaghì, si compiacque
 e in due l'idea ne replicò natura.
 No; begli occhi amorosi,
 siete quei del mio ben. Voi sol potete
 que' tumulti ch'io sento
380risvegliarmi nel cor; non diè quest'alma
 tanto dominio in sugli affetti suoi,
 care luci adorate, altro che a voi.
 
    Vi conosco, amate stelle,
 a que' palpiti d'amore
385che svegliate nel mio sen.
 
    Non m'inganno; siete quelle;
 n'ho l'immagine nel core;
 né sareste così belle,
 se non foste del mio ben.
 
 Fine dell’atto primo